Il cormorano e il cigno

I giorni trascorsi senza l’amico non si tingono di nero – si stingono, semmai. I giorni trascorsi senza una voce, non sono nemmeno silenzio, ma vuoto, vuoto senza perimetro di suono interrotto. I giorni del cormorano che tramontano, sulla baia di Hrólfsskáli, non verranno sostituiti da altri giorni, ma resteranno interrotti e impenetrabili in eterno. Forti come il tuo sorriso sul ciglio della spessa porta di legno. E quella mano alzata al vento, quella mano alzata, ignara dell’addio.
Il tempo trascorso senza l’amico non si bagna di lacrime, poiché non ha più occhi per guardare il mondo che va avanti. Il mondo trascorso senza di te, amico, è un mondo nuovo. Non somiglia a quello in cui tu c’eri, non ne è la conseguenza. Il mondo senza te è solo un punto fermo, che non conosce virgole, che non si rialzerà da terra per far sollevare altra parola.
Tutti i ricordi che portavi con te, cosa diventeranno? Tutti gli aneddoti che non sei riuscito a raccontarmi? E quelli che mi hai detto, invece, e che tengo al sicuro nelle pieghe del cervello, dove andranno quando io sarò passato? E che forma hanno adesso? Sono fedeli al tuo racconto? Sono fedeli allo spazio del nostro consenso? Come vorrei poterti raggiungere sul mare, nella tua casa di pietra. Osservare questi giorni che si allungano dal tuo divano, in silenzio.

Tu capivi il silenzio, come ogni saggio che è vissuto abbastanza per comprendere qualcosa dell’animo umano. Tu eri silenzio, spesso. Restavi fermo a osservare con me il tramonto, o il non-tramonto dell’estate boreale, e mi parlavi di storie lontane nel tempo. Ridisegnavi i volti di chi ti aveva amato, con le tue parole, ricostruivi il mondo che ti aveva preceduto, muovendo le dita nel fumo che sbucava dal bicchiere.
Non ci torno in Danimarca, Michael – mi dicevi – sarebbe troppo doloroso. La Danimarca che conoscevo non esiste più. Sono un povero vecchio – aggiungevi – il reperto storico di un mondo ormai perduto. Ridevo, impaurito, dissimulando il timore di doverti dire addio. Ridevo e ti prendevo in giro. Vorrei essere un rottame tanto lucido quanto lo sei tu – ti dicevo. Hai ancora la forza di raccontare la vita e di capire lo sguardo di chi ti è vicino. Hai forza per amare l’arte e l’antiquariato, Sigurður. E per mettere insieme tutti i pezzi di ogni momento che hai vissuto.
Mi dicevi che ti ricordavo tuo fratello, per la mia malinconia. Mi dicevi anche che era stata quella a trascinarlo in fondo. Hai lo sguardo triste di Ólafur, a volte, e la sua stessa inquietudine di vivere. Ogni cosa ti si scaraventa addosso come un sasso. Già, uno di quei sassi enormi che ogni tanto crollano dalla cima di un vulcano in silenzio, da queste parti. Tu mi dicevi che ero un cigno, per la mia elegante nostalgia, e per questa voglia di planare rasente lo specchio del lago, senza decidere mai da che parte mettere su il nido, se nel lago o nel cielo. Poi mettevi su un disco dei tuoi tempi, quasi sempre una voce femminile che raccontava un mondo troppo lontano per essere compreso, con il canto un po’ sbavato dai rumori della radio o del vecchio vinile digitalizzato. Mi indicavi nomi di cantanti che poi scordavo subito, per ritornare con lo sguardo sullo scoglio, sul tramonto.

Mi dicevi: lì è dove si posa il cormorano. Ogni anno, puntualissimo, lui arriva. Ci osserviamo, conviviamo, e ci lasciamo in pace. Forse quel cormorano sono io e la sua presenza è legata a me. Forse quando me ne andrò anche lui smetterà di fare tappa qui, sulle mie rive.
Sai, caro amico mio, non andrò mai a controllare. Non posso più tornare a camminare sulle rive di Hrólfsskáli nei giorni d’estate. Non c’è più mondo per me laggiù. Non c’è più mondo. Magra è la consolazione di capire solo adesso cosa intendessi vietandoti il ritorno in Danimarca. Vietavi a te stesso di soffrire. Chissà quanti fantasmi avresti visto, passeggiando per i vicoli di Copenhagen, caro Sigurður. Chissà quanti cormorani sullo scoglio.

Taci stasera, e spegniti, cielo. Spegni le ridenti stelle, troppo lontane nello splendore del loro lume impassibile, per sapere che stanotte non voglio niente e nessuno. Stanotte finisce qui il mondo. Stanotte ho perso il mio amico.

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